Trieste, con la sua “scontrosa
grazia”, porta con sé il fascino della sua storia: trabocca
umanità nelle tortuose brulicanti viuzze della città vecchia,
splende radiosa e austera nelle ampie architetture della città
nuova, profuma della grande cultura mitteleuropea e da sempre si
apre all’arte per naturale vocazione.
“Trieste Sogna” è il titolo del nuovo
ciclo di concerti promosso dal Circolo Ufficiali e dedicato alla
città come tributo d’amore. Il Circolo è da tempo sede di
apprezzati appuntamenti musicali, ma a partire dal 12 giugno
2002 quegli appuntamenti diventeranno ancora più significativi:
la musica dei grandi compositori del passato ritorna, nelle
esecuzioni di giovani e affermati concertisti, come un
fantastico sogno, il sogno di una città che Saba paragona a
“un ragazzaccio aspro e vorace, con gli occhi azzurri e mani
troppo grandi per regalare un fiore”. Trieste: rude e bella.
I recitals saranno tenuti da musicisti
legati all’Associazione “Dino Ciani”, che opera da anni
per diffondere e promuovere la cultura musicale specialmente tra
i giovani, offrendo loro moltissime opportunità per esibirsi e
farsi conoscere.
Le emozioni d’ascolto passeranno
attraverso i versi del poeta triestino che maggiormente ha amato
la sua città, Umberto Saba. Saba ha fatto di Trieste il centro
ispiratore di molta parte della sua produzione lirica e ad essa
ha dedicato un’intera sezione del “Canzoniere”: Trieste
e una donna.
Ogni concerto verrà idealmente
accompagnato dai frammenti lirici del poeta, che di volta in
volta dipingeranno un angolo o un momento della vita cittadina:
il porto, la città vecchia, il cinematografo, lo stadio, il
Borgo, la collina di San Giusto… le note sfioreranno i tetti,
le strade, il mare e il cielo e riporteranno, come nel sogno,
tutta la città nella sala del concerto.
Attraverso
le note di Chopin il 12 giugno il pianista viareggino Simone
Gragnani farà scorrere davanti agli occhi del pubblico il
“cantuccio” collinare da cui Saba guardava la sua Trieste.
Trieste
Ho attraversato tutta la città.
Poi ho salito un’erta,
popolosa in principio, in là deserta,
chiusa da un muricciolo:
un cantuccio in cui solo
siedo; e mi pare che dove esso termina
termini la città.
Trieste ha una scontrosa
Grazia. Se piace, è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.
Da quest’erta ogni chiesa, ogni sua via
Scopro, se mena all’ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa cima, una casa, l’ultima,
s’aggrappa.
Intorno circola ad ogni cosa un’aria strana, un’aria
tormentosa,
l’aria natia.
La mia città che in ogni parte è viva, ha il cantuccio a me
fatto, alla mia vita
Pensosa e schiva. |